Nonostante l’essere umano sia l’unico tra gli organismi viventi ad avere consapevolezza della propria morte e a sapere che questa potrebbe sopraggiungere in qualsiasi momento, la morte e il morire si sono fatte via via meno presenti all’interno delle vite dell’uomo del XIX e XX secolo.
L’idea di una falsa immortalità si è costruita nella società occidentale anche grazie al miglioramento della Qualità di Vita, alla longevità della popolazione, alla possibilità di diagnosticare e curare molte delle patologie che colpiscono l’uomo grazie ai progressi medico-scientifici.
L’uomo del ‘900 quindi si è trovato a posticipare la riflessione sulla propria e altrui morte all’inevitabile momento del decesso, come se prima non fosse parte integrante della vita e delle sue consapevolezze. Questo modalità ha avuto delle inevitabili e importanti conseguenze sia per il morente che si affacciava al proprio morire spesso incapace di gestire vissuti e paure, sia per chi sopravviveva a quella morte e si trovava a doversi rapportare con nuove consapevolezze di fragilità, mortalità e dolore.
È in questo contesto narrativo che inaspettatamente, il coronavirus e la sua morte entrano a gamba tesa nella realtà degli esseri umani e nella loro modalità di costruzione dei pensieri rispetto alla morte, facendoli percepire spiazzati, impotenti di fronte a un evento sanitario globale rispetto al quale sembra non ci sia controllo. La consapevolezza della propria fragilità e della propria mortalità si fa quindi spazio, nonostante le conoscenze, nonostante i progressi della medicina, nonostante la razionalità.
Chi sta vivendo un lutto, si deve confrontare con una morte in assenza del corpo e di tutti quegli elementi rituali conosciuti e codificati che normalmente aiutano ad attribuire significato alla perdita. È necessario quindi formulare nuove ritualità e nuove modalità condivise di attribuzione di significato ai propri vissuti.
Diviene inoltre fondamentale costruire una nuova riflessione sulla morte, anche come occasione per costruire nuovi significati del vivere.